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Aiutare i nostri figli ai tempi del Coronavirus

Dott. Cristiano Reposo - Psicologo, Counselor, Mediatore Familiare • 2 dicembre 2020
In questo periodo i nostri figli stanno attraverso un momento molto particolare.
Si trovano disorientanti da una situazione nuova, di difficile interpretazione.
Questa situazione provoca in loro molte emozioni, spesso spiacevoli.

Ogni bambino ha il proprio modo di interpretare gli eventi e di reagirvi emozionalmente.

Alcuni bambini potrebbero reagire con maggiore ansia, potrebbero essere più richiestivi di vicinanza fisica con i loro genitori, potrebbero essere più ritirati o introversi del solito, potrebbero essere più irritati ed aggressivi, oppure potrebbero avere incubi.

Tutte queste possono essere manifestazioni del loro modo di vivere emotivamente la situazione che stiamo attraversando.

Un bambino ha bisogno di essere facilitato nell’esprimere ciò che prova quel momento.
Ha bisogno di riconoscere le emozioni che sta provando e di dare ad esse un nome.
Ha bisogno che queste emozioni siano comprese e legittimate, che vi sia una persona affettivamente significativa per lui che non sia travolta da queste, ma che sappia validarle e contenerle dentro di sé e che, al contempo, sappia trasferire un messaggio di speranza.

Come possiamo fare tutto con questo con i nostri figli?

In primo luogo non può esserci ascolto da parte di un genitore se non c’è espressione di nostro figlio.
E non può esserci espressione di nostro figlio se non creiamo in lui la percezione di potersi fidare nel raccontare parti di Sé.
Chi di noi parlerebbe mai di sé stesso ad un interlocutore di cui non ha fiducia?

Trasmettere a nostro la sensazione del “sentirti al sicuro”, del “poterti fidare di raccontare parti di me che non piacciano nemmeno a me” passa da:
  • La capacità che abbiamo di dedicargli del tempo esclusivo;
  • La capacità che abbiamo di focalizzare la nostra attenzione su di lui;
  • La capacità di avvicinarci e contenerlo anche fisicamente (abbracci, baci, carezze…);
  • La capacità che abbiamo di ascoltare ciò che esprime, senza esprimere alcun giudizio su qualsiasi cosa possa emergere dal suo racconto;
  • La capacità che abbiamo di rimandargli di aver compreso “come si sente” attraverso il ripetergli quanto abbiamo compreso ciò che ci ha comunicato;
  • La capacità che abbiamo di condividere con lui anche di episodi in cui ci siamo sentiti proprio come si sente lui.
Questi atteggiamenti conducono nostro figlio alla percezione di essere compreso ed accettato per il proprio mondo interiore e facilitano la sua ulteriore espressione.

Ma non è sufficiente solo trasmettergli comprensione, ma anche aiutarlo a comprendere e a dare un nome alle emozioni che prova.
Dare un nome all’emozione permette di trasformare il suo vissuto da qualcosa di innominabile ed incontrollabile a qualcosa che può essere pensato e in qualche modo gestito.
Non sono più la mia emozione, ma possono pensare alla mia emozione.
Inoltre, il contatto con le emozioni, anche spiacevoli, aiuta nell’attraversarle e ad aprire le porte ad altre emozioni.

Questa trasformazione funzionale del vissuto emotivo può essere realizzata attraverso l’ascolto attivo del genitore.

In tal caso il genitore dovrà ascoltare ciò che emerge dal racconto del bambino ed avvicinare il bambino stesso a dare un nome all’emozione sottesa a ciò che ci sta raccontando.
Una volta compresa l’emozione, il genitore dovrà aiutare il bambino a comprendere il senso di quell’emozione, ossia a cosa serve, in che modo quella emozione lo aiutano a comprendere il suo essere nel mondo.
Infine (e solo infine!), il genitore potrà essere utile al bambino nella misura in cui riuscirà a trasmettere al bambino un messaggio di controllo della situazione e di speranza.

Facciamo un esempio.
Nell’esempio, tra parentesi, farò dei commenti che illustrano le fasi a cui prima ho accennato.

Bambino: Non andiamo più dalla nonna? 

Mamma: In questo momento per la sua sicurezza per un po’ di tempo è meglio che non la vediamo… ti manca la nonna? (la mamma spiega al bambino il motivo e prova ad intuire quale emozione ci stia sullo sfondo del suo racconto)

Bambino: Si…

Mamma: Mi sembri un po’ triste mentre lo dici… (la mamma continua ad esplorare il possibile vissuto emotivo del bambino)

Bambino: Si…Ieri ho sentito al telegiornale che muoiono molti nonni…

Mamma: Sei triste perché hai paura che possa succedere anche alla tua nonna?

Bambino: Si…. 

Mamma: Amore mio…lo capisco che quando vogliamo bene ad una persona diventiamo tristi all’idea di non vederla e a volte ci viene anche la paura di perderla per sempre…. (la mamma valida il vissuto emotivo del bambino ed aiuta il bambino a comprendere il significato della sua tristezza)

Capita anche a me, sai, di provare a volte quello che provi tu! (la mamma normalizza il suo vissuto, lo riconosce anche dentro sé stessa ed aiuta e trasmette al bambino un senso di profonda comprensione)

Bambino: Davvero?

Mamma: eh si…

Bambino: L’altra notte ho sognato che morisse… (il bambino, sentendosi profondamente compreso, esplora il suo vissuto, di cui prima faceva fatica a parlare, ancora di più…)

Mamma: tesoro mio…deve essere stato un sogno molto angosciante….

Bambino: si mamma….ho avuto molta paura….

Mamma: (abbracciandolo) ti capisco amore mio….anche io una volta ho fatto un sogno in cui moriva la mia nonna e mi sono molto spaventata! (la mamma contiene la paura fisicamente e continua a validare il suo vissuto emotivo)

Mamma: sto pensando a questa cosa, dimmi cosa ne pensi.

Tanto più noi non vedremo la nonna in questi giorni e tanto più la aiuteremo a stare bene! (dopo aver sufficientemente dato spazio al vissuto emotivo del bambino, ora aiuta il bambino ad acquisire un senso di “controllo” della situazione)

Bambino: Vero!

Mamma: Senti….cosa ti piacerebbe fare quando potremo di nuovo uscire ed andare dalla nonna? Cosa ti piacerebbe fare con lei? (Ora la mamma sta coltivando il senso di speranza, sta aiutando il bambino a guardare nel futuro, un futuro che va oltre il coronavirus)

Bambino: Vorrei andare al parco…

Mamma: Ah, si? E a fare che cosa?

Bambino; Vorrei andare sulle giostrine, spesso la nonna mi compra i biglietti per le giostrine…

Mamma: Che ne dici se la chiamiamo e ci mettiamo d’accordo che, non appena finirà tutto, andrete al parco insieme e gli chiediamo se ti farà andare sulle giostrine? 

Bambino: Si!!!!!!! 

 
L’ascolto della mamma ha permesso al bambino di maturare un nuovo senso di ottimismo e di speranza.
E questo è stato possibile attraverso il NON EVITAMENTO delle emozioni spiacevoli che il bambino stava vivendo.

Più un bambino è piccolo e più ha bisogno del nostro ruolo attivo nell’aiutarlo a riconoscere e nominare l’emozione.

Più un bambino ha difficoltà nell’esprimersi verbalmente e più è importante trovare altri canali di espressione, come ad esempio possono essere le arti figurative (disegno, scrittura…)

In questi casi il processo rimane lo stesso: attraverso un prodotto grafico (ad esempio un personaggio creato) si può aiutare un bambino, parlando del personaggio, ad esprimere parti del suo mondo emotivo.

Promuovere la salute emotiva e psicologica dei nostri figli significa quindi aiutarli ad entrare in contatto con esse, a nominarle, a comprenderne il loro significato, riacquisendo un senso di controllo della situazione ed un sentimento di speranza.
dott. Cristiano Reposo
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